In una ricerca apparsa sul “Giornale Italiano della Ricerca Educativa” si indagava se e in che modo la competenza emotiva potesse condizionare in modo diretto la manifestazione di comportamenti aggressivi. Scopo finale di questo studio, condotto su di un gruppo di bambini delle scuole medie, era quello di incentivare all’interno del sistemafamiglia e del sistemascuola una sorta di training emotivo, un programma educativo di sviluppo emotivo rivolto ai bambini per insegnare loro a gestire i comportamenti aggressivi.
La prospettiva che si viene ad aprire con questo studio è, però,di ben più ampio respiro: attraverso un vero e proprio training emotivo, che deve iniziare fin dalla prima infanzia, si può educare il bambino a riconoscere e a gestire in modo appropriato tutte le emozioni e non solo l’aggressività. L’espressione comportamentale di un’emozione è determinata sia da fattori temperamentali innati che da fattori ambientali, quindi non esiste una causa unicascatenante. Secondo le teorie di riferimento su cui si basa l’articolo, l’aggressività implica la scesa in campo di processi sia cognitivi sia emotivi, implicando così ulteriori processi di codifica dell’informazione sociale e di elaborazione dell’emozione ad essa collegata. In questa chiave, alle emozioni è attribuito un ruolo di estrema importanza: diventano il motore del comportamento umano.
Viene trattato il concetto di intelligenza emotiva come “la capacità di monitorare e dominare le emozioni proprie ed altrui, di discriminarle tra loro e di usare queste informazioni per guidare il pensiero e l’azione”.
Nella situazione specifica dell’espressione comportamentale dell’aggressività, gli studiosi sostengono che le persone aggressive hanno una percezione errata dei segnali di riconoscimento delle emozioni negli altri. In poche parole la persona aggressiva è portata a vedere rabbia anche dove non è presente e, allo stesso tempo, a non riconoscerla quando è presente. Questo la porta ad avere serie difficoltà nel riconoscimento di emozioni soprattutto complesse, in quanto implicano una competenza sociale che queste persone molte volte non hanno.
Le persone aggressive, quindi, dimostrano così delle carenze sia nella comprensione di se stesse sia nella comprensione degli stati d’animo altrui. Il fatto di non riuscire a comprendere in modo appropriato le emozioni proprie e quelle degli altri implica una carenza adattiva considerevole, cioè un’incapacità di mettere in atto dei comportamenti funzionali nelle differenti situazioni che si presentano nella vita quotidina, in poche parole di adattarsi bene all’ambiente.
La riflessione a mio avviso più importante da fare in termini pratici riguardo questo studio è: cosa possiamo fare a livello pratico sia per modificare che per prevenire i comportamenti aggressivi? Bisogna innanzitutto diminure la frequenza dei comportamenti aggressivi con un training puramente comportamentale, per poi procedere con un intervento cognitivo basato sull’individuazione delle componenti scatenanti l’aggressività e sull’insegnamento di nuove modalità di espressione della rabbia, il tutto affiancato da un training sulle emozioni dove viene insegnato a riconoscere, elaborare ed esprimere le differenti emozioni. L’intervento, però, non dovrebbe limitarsi ai casi in cui l’aggressività è già manifesta, ma si dovrebbe cercare di prevenire l’insorgenza di tale comportamento disfunzionale. All’interno delle famiglie e della scuola dovrebbero essere introdotti dei veri e propri progetti di educazione emotiva rivolti ai bambini, al fine di poter insegnare loro che le emozioni in sè, anche quelle negative, non sono sbagliate, ma che è il comportamento messo in atto per gestirle che a volte puo risultare sbagliato.
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A cura della Dott.ssa Giuliana Mossolani, Psicologa Clinica Indirizzo Cognitivo-Comportamentale
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